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I BUCHI NERI.....
07 Mar 2014 06:33 pm
I buchi neri sono fonte di energia per le galassie
I buchi neri
non sono soltanto dei voraci divoratori di materia, rilasciano anche
energia nelle galassie che li ospitano, sotto forma di vento e getti
luminosi. Lo dimostra lo studio pubblicato sulla rivista Science e
coordinato dall'italiano Roberto Soria, che lavora nel Centro
Internazionale di Radioastronomia (Icrar) che si trova in Australia. La
scoperta contribuirà a comprendere meglio i segreti dei buchi neri,
della loro evoluzione e degli effetti che esercitano sulle galassie che
li ospitano.
I ricercatori
hanno osservato per oltre un anno un buco nero che 'pesa' 100 volte meno
del Sole, situato a 15 milioni di anni luce da noi, nella galassia
chiamata M83. Questo oggetto ha una luminosità che supera il cosiddetto
limite di Eddington, secondo il quale se la luminosità di un buco nero è
molto alta le particelle della luce dovrebbero spingere il gas
circostante a cadere sul buco nero, soffocandolo fino a morire. Ma nella
galassia M83 il buco nero non viene affatto spento e ciò vuol dire,
spiega all'ANSA Soria, che vi è una enorme quantità di gas (proveniente
da una stella vicina) che è divorata dal buco nero.
Come
conseguenza di questo pasto luculliano, l'oggetto, prosegue Soria,
rilascia tantissima energia sotto forma di vento e getti luminosi. In
quella regione, inoltre, il getto prodotto dal buco nero sta gonfiando
una bolla di gas caldo, inibendo in questo la formazione di nuove
stelle. Questo fenomeno richiede infatti nubi di gas freddo.
''Quando
vediamo buchi neri molto luminosi, generalmente - sottolinea l'esperto -
le ipotesi sono due: o che si tratta di buchi neri di dimensioni
normali che stanno andando oltre il limite di Eddington (come in questo
caso) oppure di buchi neri molto grandi''. La scoperta può chiarire
proprio come i buchi neri giganteschi, che dimorano al centro delle
antiche galassie, sono cresciuti a partire da buchi neri normali. È come
avere a disposizione, conclude Soria, un modellino che ci aiuta a
vedere come si comportavano 12 miliardi di anni fa questi oggetti oggi
mostruosi, la cui massa cominciava ad aumentare in quel periodo.
Gli ufo tornano in Parlamento e a portarli è un deputato di Fratelli d’Italia, Gaetano Nastri.
Il deputato ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro
della Difesa Roberta Pinotti sugli oggetti volanti non identificati.
Interrogazione che in passato fu presentata da altri parlamentari, come
Francesco Barbato e Giuseppe Vatinno dell’Idv.
Nel testo depositato il 4 marzo a Montecitorio, Giornalettismo spiega
che il deputato porta all’attenzione del Parlamento la questione ufo:
“L’Aeronautica Militare rappresenta l’«organismo
istituzionale deputato a raccogliere, varificare e monitorizzare le
segnalazioni inerenti gli oggetti volanti non identificati» e
«l’attività di controllo e di osservazione costante» è attualmente
svolta dal reparto generale sicurezza dello Stato Maggiore, con
l’obiettivo di garantire adeguati livelli di sicurezza del volo
nazionale. Ma – ha spiegato Nastri – andrebbero comunicate ai cittadini
anche le segnalazioni pervenute da piloti civili e militari
dell’Esercito, dai controllori di volo e da altre fonti attendibili.
«Occorre rendere noto all’opinione pubblica – ha scritto il deputato
di Fratelli d’Italia nella sua interrogazione al ministro Pinotti –
eventuali ulteriori informazioni oltre a quelle di recente divulgate, al
fine di far conoscere in modo completo e definito, anche attraverso il
coinvolgimento della società della ricerca scientifica e accademica, la
natura di un fenomeno, il cui mistero dura da decenni e che alla base
pone la domanda dell’esistenza di altre civiltà extraterrestri»”.
Secondo Nastri a verificare l’esistenza degli alieni dovrebbe essere l’aeronautica:
“«L’attività di verifica e di indagine tecnica da parte
dell’Aeronautica militare è finalizzata all’accertamento dell’esistenza
di una correlazione con eventi umani e/o fenomeni naturali in grado, se
necessario, di coinvolgere anche altri organi competenti presenti sul
territorio nazionale; il compito di ricerca non intende stabilire se vi
siano altre forme di vita intelligente provenienti da altri pianeti, ma
si limita a individuare se è stata possibile, oppure no, una
giustificazione tecnica o naturale ad un determinato avvistamento nello
spazio aereo»”.
Per il deputato è importante sapere qual è l’interesse del neo governo in materia:
“«rendere noti ulteriori documenti relativi a
segnalazioni, pervenute da parte di piloti militari o civili, di
avvistamenti di OVNI, all’interno dello spazio aereo italiano, che
stando a quanto pubblicato dagli organi di stampa nel corso del recente
passato, hanno addirittura citato avvenimenti di mancata collisione»”.
LE
OAWOOLEA UEWA OEMM Questo è il nome che gli Ummiti attribuiscono alle loro astronavi
lenticolari, la cui struttura è ad un tempo abbastanza elementare e
pure complessa nei dettagli. I resoconti in merito sono assai
numerosi. Iniziamo con uno spaccato:
Circa i riferimenti di questo disegno, questa è la lista presentata:
1-ENNOI: Protuberancia, torreta o cúpola situada en hemisferio
superior de la UEWA OEMM (su MEMBRANA es
transparente)
2-ENNAEOI: Cuerpo central de la superestrutura de la
nave.
3-DUII: Anillo o corona ecuatorial que circunda la UEWA.
4 – AAXOO XAIUU AYII: Toroide generador de campo magnético.
5 – NUUYAA: Depósitos toroidales de agua oxigenada y litio fun-
6 _ dIDidU°U. WII AYII: Equipo propulsor distribuido en un recinto
de morfologia anular embutido en la DUII.
7 – Generador de energia. Transforma la masa de litio y del bismuto
en energia, previa su transformación en plasma.
8 – IBOZOOAIDAA: Equipo central del control para la inversión de
IBOZOO UU.
9 – XANMOO: Calculadores autónomos periféricos (el XANMOO central se
encuentra situado en el centro geométrico de 12 AYIYAA OAYUU (esfera
central).
10 – Censurado.
11 – TAXEE: Jalea o masa gelatinosa (con frecuencia ocupando el
interior de la AYIYAA OAYUU).
12 – AAYIYAA OAYUU: Cabina flotante.
13 – YAAXAIIU : Puede traducirse por "CAVIDAD MAGNETICA".
14 – En esta estructura toroidal se encuentran englobados varios
equipoes de la UEWA. Parte del generador del campo magnético,
órganos de control para la XOODINAA, depósitos de alimentos y equipo
móvil transportado, equipos para la fabricación de accesorios,
etcétera.
15 – IMMAA : Algunas de las compuertas o escotillas de acceso.
16 – YAA OOXEE (DEPÓSITO DE MERCURIO).
17 – Recinto anular complejo que ubica entre otros elementos, pies
sustentadores emergentes, transmutadores de elementos, etcétera.
18 – XOODINAA : Membrana, corteza, pared exterior o coraza
protectora de la UEWA. Es opaca y de gran complejidad estructural
excepto ENNOI, que es transparente y homogénea.
19 (m
20 – YUUXII0 : Equipo toroidal para el control del entorno gaseoso.
21 – UAX00 AAX00: Centro de emisión y detección blindado.
22 – ENNOI AGIOA: Cúpula o cono de ensamblaje. Puede disolverse y
regenerarse bajo cotrol de la XANMOO central.
Molte altre notizie scientifiche e di curiosità le troverete sul
testo qui presentato
Mercoledì 5
marzo tutti con il naso all’insù. Passerà infatti nello spazio tra Luna e
Terra un asteroide dal diametro di circa 30 metri. Il meteorite appena
scoperto e ribattezzato 2014DX 110 rappresenta un record assoluto.
Rientra infatti tra i 200 passaggi più ravvicinati avvenuti dall’inizio
del ‘900, transitando a una distanza di appena 350mila Km da noi. “Il
nostro pianeta non corre alcun pericolo”, ha rassicurato l’astrofisico
Luca Masi,
curatore scientifico del Planetario di Roma. Tuttavia nel passato, sono
stati tanti i casi in cui la caduta di un asteroide ha creato non pochi
problemi. Ultimo in ordine di tempo il bolide infuocato caduto in
Russia il 15 febbraio 2013, che ha provocato circa 1700 feriti. Questa
volta per fortuna il passaggio dovrebbe essere indolore. Il meteorite
non toccherà la Terra, ma sarà comunque ben visibile dall’Italia.
Cannocchiale alla mano, bisognerà quindi cogliere l’attimo per
fotografarlo, prima che continui il suo viaggio nell’universo.
UNO DEI PIU ' COMPLETI E INTRIGANTI AVVISTAMENTI UFO CON IL CELEBRE SIMBOLO H NELLA PANCIA ,EBBE LUOGO NEI CIELI SPAGNOLI NEL LUGLIO DEL I985. LA
QUALITA' PROFESSIONALE DEI TESTIMONI, TUTTO UN EQUIPAGGIO DELLA
COMPAGNIA IBERIA, NON DA LUOGO A DUBBI. IL COMANDANTE DI QUEL
727,CARLOS GARCIA RODRIGO, UNO SPERIMENTATO PILOTA CON DIECIMILA ORE
DI VOLO E CINQUE ANNI NELLE FORZE AEREE, RIVELO' L'INCONTRO A
J.J.BENITEZ.
Nota di ufoweb2012: questo avvistamento di un ufo
enorme, tre o quattro volte un Jumbo, con il simbolo H di Ummo,
dimostra indubbiamente che tali ufo con questo simbolo esistono
realmente!Noi, d'altronde, non ne' abbiamo mai dubitato in alcun modo!
I nostri signori di Ummo devono essere molto potenti per avere dei
mezzi simili. Come abbiamo ribadito altre volte, devono essere molto
piu' potenti di quelllo che sembra e d'altronde in oltre 40 anni non li
hanno mai presi, nonostante li abbiano cercati da tutte le parti!
Teruel, julio de 1985Teruel, luglio del 1985
Uno de los más completos e intrigantes avistamientos OVNI con el
célebre símbolo H en la panza tuvo lugar en los cielos españoles en
julio de 1985. La calidad profesional de los testigos -toda una
tripulación de la compañía Iberia- no deja lugar a dudas. El comandante
de aquel 727, Carlos García Rodrigo, un experimentado piloto, con
dieciséis mil horas de vuelo y cinco años en las Fuerzas Aéreas, relató
así el encuentro a J. J. Benítez:
Era una mañana preciosa. Cielo azul, sin una sola nube. Hacíamos un
puente aéreo Barcelona-Madrid. Fue el IB-1331. Volábamos relajados, sin
ninguna preocupación. Altitud establecida:29.000 pies. Y a eso de las
13:45 horas, sobre Maella (Teruel), en la lejanía y a unos quince
grados por encima de la visual, apareció algo similar a una lenteja.
Tenía un color titanio.
Pero aquello no era un avión. La “lenteja” fue tomando una clara
forma esférica. “Eso no es un avión, debe ser un globo sonda”. Y
empezamos a prestarle toda nuestra atención. Entonces, conforme nos
fuimos acercando, vimos con claridad que “aquello” era totalmente
esférico y de un color algo más oscuro que el aluminio.
Decidí comunicarlo al Control Barcelona. La verdad es que era enorme y podía constituir un riesgo potencial para la navegación.
Barcelona respondió “Negativo, no tenemos nada”. Aquello se
encontraba muy alto. Calculamos unos veinticinco mil o treinta mil
metros. Barcelona nos aconsejó que lo notificáramos a Control Madrid.
“Negativo -replicó Madrid-, no tenemos nada reportado”. Era
extraño. Madrid debería haberlo registrado. Mi avión aparecía en el
radar. “Llame usted a los militares y que rastreen la zona…”.
Nos comunicamos entonces con Zaragoza y les advertimos de la presencia de aquel o
bjeto. Total, que nos fuimos aproximando y “aquello” siguió
“creciendo y creciendo”.
En mi opinión, se hallaba estacionario o casi. En esos momentos se
presentaba como una gran pelota metálica. Como podrás imaginar, el
ambiente en cabina se fue caldeando. “Aquello” no era normal. Y
descubrimos que no era un globo sonda. Carecía del típico instrumental
que suele colgar de esos artefactos. Pero, entonces, ¿qué era?
Llamé de nuevo al radar militar de Calatayud (“Siesta”), pero la
respuesta fue igualmente negativa. No tenían nada en pantalla. En eso,
entró en la frecuencia otro colega: un avión que volaba de Valencia a
Madrid. Y comunicó: “Afirmativo. Nosotros también lo vemos. Tenéis un
objeto ahí arriba… Lo tengo a la vista y le confirmo que no es un globo
sonda”.
Entonces decidí llamar al resto de los tripulantes. Todos pasaron
por cabina, confirmando nuestras impresiones: era una esfera, no tenía
alas ni timón, era enorme y de color oscuro. En total, nueve testigos.
Era como tres o cuatro veces un Jumbo. Y nos fuimos deslizando por
debajo de aquella “cosa”. Permanecía quieta, majestuosa. El sol, en el
cenit (eran las doce, hora solar), iluminaba el casquete superior de la
esfera. El inferior, obviamente, aparecía más oscuro. Y nos colocamos
bajo “aquello”.
Llamamos nuevamente a Madrid y a los militares. Confirmamos la
posición y les anunciamos que lo teníamos en nuestra vertical.
Respuesta negativa. El objeto seguía sin ser detectado en los radares…
Toda la tripulación del vuelo IB-1331 pudo observar la inmensa esfera metálica con el símbolo de la H en la panza.
Conforme pasábamos por debajo, todos lo contemplamos por las
trampillas superiores de la cabina. Y la tensión se multiplicó al
descubrir aquel signo en la parte inferior de la esfera. Ya no tuvimos
duda. “Aquello” era algo anormal. En la panza, por llamarlo así,
apareció una especie de “H”, con otro palo vertical en el centro. Era
algo descarado, en negro y resaltando con absoluta nitidez.
En ese instante me asusté.¿Un campo de energía? ¿Podía afectar al
avión? Aquella “cosa” gigantesca, inmóvil en el cielo, tenía que
sustentarse de alguna forma. Afortunadamente el instrumental no se vio
afectado en ningún momento. No tuvimos problemas.
¿Qué podía ser aquella “H”? No lo sé. Quizá unas compuertas
cerradas. Quizá una marca o una protuberancia pintada en negro. Lo que
estaba claro es que era algo artificial y perfectamente definido. A
pesar del sombreado de esa zona, se distinguía con absoluta claridad.
Recuerdo que dije: “Madrid, reporto fenómeno OVNI. Tome usted nota. Voy a hacer un informe oficial…
Y así lo hice. Una copia fue para la compañía Iberia y otra para
Aviación Civil. Todo esto, naturalmente, quedó grabado en las
respectivas torres de control y estaciones de radar con las que
establecimos contacto.
Una esfera metálica. De eso no hay duda. De haber sido un globo
estratosférico, habríamos apreciado las típicas deformaciones en las
paredes. Además, como te digo, “aquello” no era elíptico. Era una
esfera perfecta. Activé el radar del avión pero, al igual que “Siesta”
y Madrid, no captó nada. Según mis cálculos, la observación pudo durar
alrededor de siete u ocho minutos. Es decir, durante algo más de cien
kilómetros. Jamás lo olvidaré…
E’ caduto in
Antartide 50.000 anni fa e i suoi minuscoli solchi suggeriscono sia
l’azione esercitata dallo scorrere dell’acqua, sia la possibilità di
forme di vita elementari esistenti. La notizia è stata diffusa dalla
Nasa
Un meteorite
marziano caduto in Antartide 50.000 anni fa contiene solchi e minuscole
sfere che suggeriscono sia l’azione esercitata dallo scorrere
dell’acqua, sia la possibilità di forme di vita elementari esistenti su
Marte centinaia di milioni di anni fa. La notizia arriva dalla Nasa, che
con gli esperti dello Johnson Space Center e del Jet Propulsion
Laboratory (Jpl), ha analizzato con tecniche nuove un meteorite scoperto
nel 2000 nel ghiacciaio antartico Yamato.
La vita su
Marte torna così a far parlare di sé, dopo i tantissimi indizi finora
portati alla luce sia dalle missioni sul pianeta rosso, sia dall’analisi
dei meteoriti.
Il primo e più
celebre meteorite marziano che aveva suscitato un grande dibattito
scientifico era stato quello di Allan Hills 84001 (ALH84001), descritto
nel 1996 sulla rivista Science dal gruppo della Nasa coordinato da David
McKay, Everett Gibson e Kathie Thomas-Keprta.
Adesso gli
stessi autori di quella ricerca (tranne McKay, morto un anno fa),
coordinati da Lauren White del Jpl, hanno descritto sulla rivista
Astrobiology la struttura interna di un altro meteorite marziano,
chiamato Yamato 000593 (Y000593).
Pesante 13,7
chilogrammi, nel suo interno ha minuscole sfere e micro-tunnel di un
minerale chiamato iddigsite, che si forma per azione dell’acqua. La
roccia si è formata 1,3 miliardi di anni fa dalla lava e circa 12
milioni di anni fa è stata spazzata via dalla superficie del pianeta
rosso dal violento impatto con un altro corpo celeste.
"DOPO MIGLIAIA DI ANNI DI TRAVAGLI INNOMINABILI,
viene il tempo di fare un cambiamento evolutivo e una metamorfosi
planetaria! Ma da sola la razza umana non e' in grado di farlo! Solo
quando ci sara' il contatto massivo con le civilta' e intelligenze
aliene, questo provochera' e inneschera' l'inizio del cambiamento
evolutivo irreversibile per la razza umana. Da sola la razza umana non
cambiera' mai! C'e' stato solo un progresso tecnologico e scientifico,
ma a livello comportamentale e sociale, la razza umana e' sempre stata
violenta e guerrafondaia da migliaia di anni a questa parte. Tale e'
anche la situazione attuale del pianeta! Solo quando si verifichera'
il contatto con le societa' e civilta' aliene piu' evolute che la' fuori
nel cosmo esistono al di la' di ogni dubbio, allora, cambiera' tutto!
Meditate gente...meditate!!!"
NASA: il telescopio Kepler scopre 715 nuovi pianeti, tutti in “zona abitabile”
Gli
astronomi della NASA, utilizzando il telescopio Keplero, hanno
individuato 715 nuovi pianeti che potrebbero soddisfare le condizioni
adatte per la nascita della vita simile a quella della Terra.
La NASA ha
pubblicato un rapporto in cui si annuncia la posizione di 715 nuovi
pianeti che orbitano intorno a più di 300 stelle. Quattro di questi
pianeti superano le dimensioni della Terra di 2,5 volte superiore e sono
nella cosiddetta zona abitabile, il che significa che potrebbero
essere potenzialmente adatti ad ospitare condizioni di vita simili a
quelle del nostro pianeta.
La zona
abitabile stellare è una regione attorno ad una stella dove gli effetti
termici in teoria possono consentire la presenza di acqua liquida sulla
superficie dei pianeti situati lì. Si presume che tali oggetti siano
potenzialmente idonei a sostenere la vita.
Tra i
pianeti appena rilevati dal telescopio spaziale Kepler, gli scienziati
evidenziano in particolare un pianeta chiamato Kepler-296f, che è due
volte più grande della Terra. Non sono stati ancora in grado di
stabilire se si tratta di un pianeta gassoso, con un involucro di
idrogeno ed elio, o se è un mondo acquatico coperto da un profondo
oceano. Comunque, il Kepler-296f è un oggetto molto interessante per
l’esplorazione e gli scienziati dell’ente spaziale americano, affermano
che forse in futuro ci possono essere modi per trovare la vita simile
alla Terra.
"Il contatto massivo con lecivilta' e le intelligenze aliene, è il piu' grande e colossale evento della storia! Cambia tutta la situazione sul pianeta Terra e la razza umana!"
ESISTEVA UN UNICO IMMENSO OCEANO SU MARTE? UNO SGUARDO AI NUOVI INDIZI
Una
nuova teoria sull'origine delle grandi depressioni sparse per il
paesaggio marziano settentrionali potrebbe aggiungere nuovi indizi
sull'esistenza di un antico oceano che un tempo ricopriva gran parte del
Pianeta Rosso.
Forse un tempo
su Marte c’era acqua in abbondanza, tanto da esistere un unico grande
oceano che copriva gran parte della sua superficie.
Questa ipotesi è stata a lungo dibattuta dai planetologi che studiano il Pianeta Rosso da diversi decenni.
A portare nuova linfa alla teoria c’è uno studio pubblicato sulla rivista Geological Society of America Journal realizzato da Lorena Moscardelli, geologa presso l’Università del Texas.
Lo studio
suggerisce che i massi presenti nelle grandi depressioni presenti nella
parte settentrionale di Marte presentano caratteristiche che fanno
pensare che siano stati trascinati da frane avvenute sul fondo di un
oceano.
Questo fenomeno
è stato osservato inizialmente sulla Terra. Ad esempio, i grandi
blocchi di arenaria conosciute con il nome di Jackfork Group sono ciò
che rimane di quello che una volta fu un bacino oceanico nel centro-sud
dell’Arkansas.
Nel suo studio,
la Moscardelli contesta la teoria alternativa secondo cui i massi
presenti su Marte sarebbero stati depositati dai meteoritici, in quanto
in alcune zone non vi sono tracce di impatti del genere.
“Certamente
l’ipotesi meteoritica può spiegare la presenza di alcuni dei massi
osservati nelle pianure settentrionali di Marte, in particolare quelli
in prossimità di crateri da impatto. Tuttavia, non basta a spiegare il
meccanismo globale che ha causato l’ampia distribuzione di massi in
queste regione”, scrive la geologa.
Secondo alcuni
ricercatori non coinvolti nello studio, la teoria della Moscardelli può
essere utilizzata nel contesto delle prove a sostegno dell’antica
presenza di un oceano marziano, e non semplicemente come prova singola.
Nel luglio
2013, i ricercatori del Caltech pubblicarono quella che a loro parere
potrebbe essere la prova più convincente della presenza di un oceano
marziano. Studiando il letto di un fiume dell’emisfero nord con
dettagliate strumentazioni di mappatura topografica, i ricercatori hanno
concluso che esso probabilmente alimentava un delta, sfociando
nell’ipotetico oceano.
Un delta,
infatti, si forma quando l’acqua scorre in un bacino permanente pieno di
acqua, come un oceano o un lago. Tuttavia, in molti avevano pensato che
il delta alimentasse semplicemente un cratere o qualche altro tipo di
depressione minore, tipo un lago, certamente non un oceano.
Ma lo studio
della dottoressa Moscardelli costringe a riorientare le opinioni verso
una plausibilità dell’esistenza dell’oceano marziano. A sostegno delle
sue teorie, la ricercatrice ha anche citato studi precedenti che hanno
rivelato che i depositi rocciosi intorno al vulcano marziano Olympus
sono la prova di frane sottomarine, un fenomeno simile osservato anche
sulle Isole Hawaii.
“Se la
conclusione è esatta, essa implica che il volume totale che occupava le
pianure era pari a circa 350 milioni di km³”, scrive la ricercatrice.
Per fare un confronto, secondo fonti della US National Oceanic and Atmospheric Administration, l’Oceano Atlantico occupa un volume pari a 310 milioni di km³.
CITAZIONI:
"DOPO MIGLIAIA DI ANNI DI TRAVAGLI INNOMINABILI, viene il tempo di fare un cambiamento evolutivo e una metamorfosi planetaria! Ma da sola la razza umana non e' in grado di farlo! Solo quando ci sara' il contatto massivo con le civilta' e intelligenze aliene, questo provochera' e inneschera' l'inizio del cambiamento evolutivo irreversibile per la razza umana. Da sola la razza umana non cambiera' mai! C'e' stato solo un progresso tecnologico e scientifico, ma a livello comportamentale e sociale, la razza umana e' sempre stata violenta e guerrafondaia da migliaia di anni a questa parte.
Tale e' anche la situazione attuale del pianeta! Solo quando si verifichera' il contatto con le societa' e civilta' aliene piu' evolute che la' fuori nel cosmo esistono al di la' di ogni dubbio, allora, cambiera' tutto! Meditate gente...meditate!!!"
Ufoweb2012